La matematica non serve a nulla. Provocazione e risposte per capire di più.

da XlaTangente n. 22

 

 

Giorgio Bolondi, Bruno D'Amore

La matematica non serve a nulla.

Provocazione e risposte per capirne di più

 

Compositori, Bologna 2010

pp. 176, euro 14.00

 

 

 

Cari insegnanti e cari studenti, diffidate allo stesso modo di chi vi dice che la matematica è facile e di chi vi dice che è così difficile da essere una cosa solo per chi ha il pallino. La matematica è per tutti, ma a ciascuno richiede impegno, lavoro, sforzo in prima persona. Nessun altro può capire la matematica per me, al posto mio. D’altra parte non è la stessa cosa per qualunque impresa umana che valga la pena?”. A rivolgersi in questo modo a insegnanti e studenti sono due docenti di matematica dell’Università di Bologna, firme notissime nel campo della comunicazione e dell’insegnamento della nostra disciplina, una delle quali, quella di Giorgio Bolondi, non è nuova neppure alle pagine di XLaTangente (vedi il n. 18).

In un alternarsi di citazioni, riflessioni e biografie di matematici celebri (e non solo), gli autori provano non solo a sfatare i tanti e diffusi luoghi comuni sulla matematica, sul suo

insegnamento e sul suo apprendimento, ma anche a rispondere ad alcune domande. Perché la matematica risulta così ostica? Perché appare così diversa dalle altre materie? Perché è così difficile da definire?

Consigliamo vivamente questo libro a tutti quelli che, come noi, hanno a che fare, in qualche senso, con la matematica, insegnanti e studenti un po’… grandi, compresi. Ad essi dedichiamo qualche estratto: “Delimitare i temi della ricerca matematica attuale è un’impresa quasi senza speranza: la matematica è definita più dal proprio metodo che dal proprio oggetto.” 

“<non è="" la="" conoscenza,="" ma="" l'atto="" di="" imparare;="" non="" il="" possesso,="" arrivarci,="" che="" dà="" gioia="" maggiore> Carl Friedrich Gauss”

“Gli scienziati davvero creativi a volte sbagliano perché osano, perché non c’è nessuno a cui chiedere come si fa; gli studenti più autonomi, quelli che possono andare più a fondo nella costruzione dei concetti della matematica, devono essere messi nella possibilità di sbagliare, in questo stesso senso.”

“Lo studente, nel corso del suo iter di apprendista, cessa di svolgere il mestiere di apprendere e passa a quello di ripetere all’insegnante quel che (egli stesso ritiene che) questi si aspetti di sentirsi dire, un mestiere diverso, ma assai più redditizio e meno faticoso.”

“Si espongono i buoni risultati, si definiscono le buone nozioni, si concatenano delle deduzioni che passo dopo passo, quasi per miracolo, all’improvviso dimostrano un teorema fondamentale: ma da nessuna parte resta traccia delle cancellature, dei vicoli ciechi, delle dimostrazioni tortuose che solo alla fine, quando le cose sono diventate chiare, vengono sostituite da dimostrazioni eleganti e sintetiche.”

 

ddv