Come si comunica la scienza?

 
 
 
 
 
Yurij Castelfranchi, Nico Pitrelli
 

Come si comunica la scienza?

Universale Laterza, 2007

pp. 131, euro 10.00

 

 

II saggio Come si comunica la scienza? si propone di dare una panoramica, dal punto di vista storico e sociale, della comunicazione della scienza dalle origini ad oggi. Vengono analizzati in particolar modo i cambiamenti della comunicazione e del rapporto tra scienza e società relativamente all'evolversi della società, dei progressi scientifici e dei mezzi di comunicazione. Viene inoltre discusso il legame tra scienza e democrazia. II testo è ricco di esempi e richiami di fatti ed eventi storici, soprattutto attuali.

II linguaggio scientifico, i tempi e i modi di lavoro dello scienziato sono agli antipodi rispetto a quelli dei giornalisti. La lingua della scienza è diversa dal linguaggio comune non solo nella terminologia, ma anche, in parte, nella sintassi, nella semantica, nella retorica. II giornalismo esige attualità. La scienza esige un discorso che parte dai giganti sulle cui spalle riposa la nostra conoscenza, e arriva, faticosamente, al qui e ora. I media esigono velocità, la scienza ha bisogno di profondità. AI giornalista serve la semplicità, allo scienziato il rigore. Un buon comunicatore deve evocare emozioni. Un articolo scientifico, nella maggior parte dei casi, deve attenuarle o diluirle nella neutralità della terza persona e dei verbi riflessivi. II giornalista ha bisogno di personalizzazione, narrazione, metafore, storie. II discorso della scienza è retoricamente costruito per essere impersonale, obiettivo e strutturato in maniera lineare, step by step."
 
Un messaggio risulta immediatamente chiaro fin dalle prime righe: per la scienza e gli scienziati la comunicazione non è un'opzione o una possibilità. La comunicazione è una necessità, e fa parte della scienza. II problema si sposta dunque al "come' la si comunica. Non è soltanto semplificazione, non è mera banalizzazione o volgarizzazione, e soprattutto non è un processo unidirezionale. È una dinamica molto più complessa e molto meno immediata di quello che si possa pensare, che dipende dal mezzo di comunicazione, dalla preparazione delle persone coinvolte, dal pubblico, o meglio dai pubblici, con cui si vuole stabilire questa comunicazione.
 
Mi è capitato personalmente di sperimentare le difficoltà nell'incontro/scontro tra la scienza e il giornalismo, cartaceo, radiofonico, televisivo. Due punti di vista diversi, con esigenze e fini diversi. Seppure il risultalo di questo rapporto sia positivo, spesso è stato diverso da ciò che si voleva 'comunicare' inizialmente. La sensazione è quella che meglio sarebbe pensare al come comunicare un certo 'messaggio' a partire dal momento stesso della sua creazione. Quando ciò non avviene, I'adattare un fatto alle esigenze di un particolare mezzo di comunicazione lo snatura, almeno parzialmente. D'altronde nella maggior parte dei casi ciò non è possibile, e malgrado lo sforzo del venirsi incontro e del comprendere le necessità e gli obblighi dello 'scienziato' e del 'comunicatore', si avverte I'esigenza di avere una figura di mezzo, un po' scienziato un po' comunicatore, che svolga il faticoso lavoro di intermediario e messaggero tra questi due mondi.
 
[…] i comunicatori della scienza non sono più figure facili da definire o da formare, perché non fanno cose lineari e in luoghi precisi. II comunicatore di scienza non è più una persona che fa un solo mestiere (ad esempio il giornalista scientifico o I'educatore della scienza), ma spesso è una persona che, così come i suoi giovani colleghi scienziati, ha un lavoro flessibile, complicato, con più padroni e più referenti di un tempo, diviso tra esigenze e pressioni sociali differenti, obbligato a imparare a decodificare e parlare linguaggi diversi in momenti diversi. II comunicatore della scienza è un lavoratore 'anfibio', che viaggia con una valigia a doppio fondo perché non può servirsi unicamente degli strumenti del 'semplificatore' di informazioni.