Il gioco delle tre carte
Marco Malvaldi
Il gioco delle tre carte
Sellerio, Palermo 2008
pp. 208, euro 12.00
Eccoci alle prese con un giallo. Non aspettatevi una trama matematica e neppure una trama così complicata da aver bisogno di qualche teoria strana. Allora perché lo recensiamo su XlaTangente? Almeno per due motivi: innanzitutto perché l’autore, Marco Malvaldi, è un giovane ricercatore precario presso il dipartimento di Chimica Biorganica dell’Università di Pisa (e non succede tutti i giorni di incontrare uno scrittore di gialli di questo tipo, anche se non è certo il primo), e poi perché il protagonista, l’improvvisato investigatore Massimo, è un matematico. A dirla tutta, Massimo, è un matematico… pentito: grazie ad una vincita al totocalcio ha aperto un bar nel paesino di Pineta, nella provincia livornese, rinunciando al dottorato.
Questo romanzo racconta la seconda avventura investigativa del matematico barista, che si ritrova nuovamente ad aiutare il commissario del paese a risolvere un caso di omicidio. Infatti proprio a Pineta si svolge un congresso internazionale di chimici biomolecolari; tra i congressisti una numerosa compagnia di ricercatori giapponesi tra i quali un anziano luminare con problemi di salute. Ed è proprio questo particolare personaggio a morire in circostanze misteriose. La ricerca dell’assassino si concentra nel gruppo di giapponesi e l’investigazione ruota attorno ad un computer che sembra celare la chiave del delitto. Massimo, l’unico nel paese che parli inglese e uno dei pochi che sia pratico di computer, diventa forzatamente un elemento necessario per la risoluzione del caso. L’indagine si rivela complessa ed è solo l’intuito matematico di Massimo a permettere di scoprire il colpevole, così come si svela il gioco delle tre carte: ovvero, i fatti non sono come sembrano. A fare da contorno al caso poliziesco, la combriccola che abitudinariamente frequenta il bar Barlume di Pineta: Ampelio, il nonno rompiscatole di Massimo, e il suo gruppo di amici ultrasettantenni che non perdono occasione di ficcare il naso nelle indagini e disturbare costantemente l’insofferente protagonista. L’autore descrive deliziosamente e con una punta di nostalgia la provincia toscana che fa da sfondo alla storia e la narrazione scorre divertente e fluida colorata dal dialetto livornese delle conversazioni. Forse la trama scivola un po’ troppo veloce nel finale, ma non mancano spunti interessanti e osservazioni taglienti anche sulla stretta attualità della ricerca italiana. Il giovane ricercatore, e sorprendente autore, Malvaldi non si lascia sfuggire alcun pretesto per ricordarci, e a ragione, quanto sia difficile la condizione dei giovani precari della ricerca in Italia, che cercano di farsi strada nel difficile mondo dell’università.
Daniela Della Volpe