I paradossi della probabilità

 

“Giovanni Percolla aveva quarant’anni, e viveva da dieci anni in compagnia di tre sorelle, la più giovane delle quali diceva di essere ‘vedova di guerra’. … – Quando io ero in età da marito, scoppiò la grande guerra. Ci furono seicentomila morti e trecentomila invalidi. Alle ragazze di quel tempo, venne a mancare un milione di probabilità per sposarsi. Eh, un milione è un milione! Non credo di ragionare da folle se penso che uno di quei morti avrebbe potuto essere mio marito! –” 

Vitaliano Brancati – Don Giovanni in Sicilia

L’incipit del romanzo dello scrittore siciliano propone – attraverso la contabilità un po’ cinica messa in bocca alla più giovane sorella Percolla – un’inferenza certamente ardita, ma non del tutto infondata: la guerra, che mette “fuori gioco” quasi un milione di potenziali mariti, abbassa bruscamente la probabilità, per la signorina, di contrarre matrimonio e quindi le consente di fregiarsi, con una piccola e innocente forzatura, del titolo di “vedova di guerra”. 

L’incontro tra probabilità e letteratura avviene qui, evidentemente, sul filo del paradosso; d’altra parte, il “gioco” delle probabilità corre spesso su questo filo.

A volte ciò avviene perché il gioco viene condotto in modo appena un po’ “disonesto”, come nello “scherzo probabilistico” (scherzo sì, ma in grado di stimolare qualche riflessione non banale…) presentato in modo ameno dal matematico Paulos:

“Un tizio, costretto a viaggiare molto per lavoro, era angosciato all’idea che sul suo aereo ci fosse una bomba. Così, dopo aver calcolato che la probabilità che ciò si avverasse era minima, ma non abbastanza per lui, adesso viaggia sempre con una bomba in valigia. Secondo lui, la probabilità che a bordo ci siano due bombe è infinitesimale”.

John Allen Paulos – Gli snumerati

Altre volte – nel discorrere di probabilità – il paradosso entra in campo perché, a ben vedere, un elemento di viziosa circolarità è insito nella stessa definizione classica di probabilità (casi favorevoli su casi possibili). Infatti nella definizione occorrerebbe precisare – per evitare, ad esempio, di attribuire la probabilità del 50% a qualsiasi evento del tipo sì/no, piove/non piove, m’ama/non m’ama, divento papa o non lo divento – che i casi possibili devono essere tra loro equiprobabili; ma questa specifica, come è evidente, nel momento in cui viene messa in campo rende la suddetta definizione inesorabilmente viziosa (giacché non è dato usare nella definizione di una nozione la nozione medesima!).

Altre volte ancora sfioriamo il paradosso perché l’analisi della probabilità di un evento, anche in situazioni semplici e lineari, apparentemente del tutto innocue, può consegnarci risultati inattesi e sorprendenti. Ci chiediamo, ad esempio: se Paolo ha in tasca due dischi, uno con entrambe le facce rosse (R-R), e l’altro con una faccia rossa e una nera (R-N); ne estrae uno e ne vede una faccia, che risulta rossa; qual è la probabilità che anche l’altra faccia del disco estratto sia rossa? La risposta “istintiva” è 1 su 2: il disco estratto potrebbe essere il primo o il secondo; se il disco estratto è il primo, la faccia nascosta sarà rossa, se è il secondo la faccia nascosta sarà nera. La risposta corretta – a ben pensarci – è invece 2 su 3, giacché la faccia in mostra potrebbe essere o la faccia 1 di R-R o la faccia 2 di R-R o la faccia 1 di R-N, e quindi in 2 casi su 3 l’altra faccia del disco estratto risulterà essere rossa.

Dunque, occuparsi di probabilità significa, che ci piaccia o no, incontrare probabilmente il paradosso (potremmo quindi dire parafrasando Platone: non si occupi di probabilità chi dai paradossi rifugge).

Ma è ora di tornare a parlare di letteratura (a proposito di probabilità). Italo Calvino, in uno dei racconti de “Le cosmicomiche”, dove vengono rivisitati con ironia molti luoghi del pensiero scientifico moderno, ci porta in un universo primordiale, ancora in formazione, dove l’io narrante e il suo inseparabile alter ego ingannano il tempo – e nella fattispecie si tratta nientemeno che di secoli e di millenni! – con il gioco delle scommesse. Gioco che – come è noto – ha molto a che fare con la probabilità… Non solo perché il calcolo delle probabilità nasce storicamente da osservazioni e domande legate alle scommesse sui dadi che venivano fatte nelle osterie; ma anche perché molti studiosi di probabilità sostengono addirittura che l’unica definizione possibile di probabilità di un evento sia quella che fa riferimento a quanto si è disposti a scommettere sul suo verificarsi.

"Ma la passione del gioco mi portava, d’ogni avvenimento possibile, a prevedere la serie interminabile di avvenimenti che ne conseguivano, fino ai più marginali e aleatori. Cominciai ad abbinare pronostici sui fatti più immediati e facilmente calcolabili con altri che richiedevano operazioni estremamente complesse. – Presto, vedi i pianeti come si condensano: di’ un po’ su quale si formerà un’atmosfera: Mercurio? Venere? Terra? Marte? Dai, deciditi: e poi, visto che ci sei, calcolami l’indice d’incremento demografico della penisola indiana durante la dominazione inglese. Cosa stai lì a pensarci tanto? Sbrigati."

Italo Calvino – “Quanto scommettiamo” da “Le cosmicomiche”

Calvino sfiora qui un nodo importante presente nel pensiero scientifico: il determinismo spinto alle estreme conseguenze (la proverbiale, benché paradossale, possibile connessione tra un battito d’ali di una farfalla in Brasile e un tornado in Texas), porta con sé, inesorabilmente, una grande aleatorietà. Infatti, l’assunzione di un’enorme molteplicità di fittissime catene di cause-effetti tra loro intrecciate espone al rischio di fraintendimenti, di errori di calcolo, di inferenze fallaci (lo scommettitore del racconto di Calvino, dopo un periodo di successi, finirà per dubitare di se stesso: “quando vincevo non ero più sicuro che non fosse stato un caso, e che la volta dopo non mi toccasse una nuova smentita ai miei calcoli”). Non solo e di più: tale assunzione, proprio per la complessità che evoca, rende possibile, di fatto, operare previsioni solo in termini di probabilità.

Giuliano Spirito