Intervista a Dror Bar-Natan

 

Da qualche mese mi sono trasferita da Trento a Toronto, per lavorare su un progetto a cavallo tra la topologia, la comunicazione della matematica e la computer grafica. Il mio responsabile è Dror Bar-Natan, professore di matematica alla University of Toronto. L'ho intervistato per conto di Xlatangente.

Il tuo ufficio somiglia a quello di tanti matematici: ci sono una lavagna, tanti libri di matematica, qualche locandina di conferenze a cui hai partecipato, appunti con le tue idee sui progetti in corso e anche qualche oggetto un po' inaspettato... Per esempio quei tubi di plastica flessibili e molto colorati, che si possono piegare e chiudere su sè stessi. Sono qui perché hanno qualche significato matematico?

Certo, li uso per raccontare la mia ricerca. Come matematico studio i nodi, sia di dimensione uno che di dimensione due.
I nodi di dimensione uno sono esattamente quello che vi viene in mente se pensate a un nodo: una cordicella, che possiamo immaginare abbia dimensione uno, nello spazio a tre dimensioni. Uso questi tubi al posto della cordicella: li posso annodare per fare degli esempi di nodi.
I nodi di dimensione due sono più difficili da immaginare. Chi ha avuto un assaggio di teoria della relatività probabilmente ha visto l'interpretazione dello spazio a quattro dimensioni come il nostro spazio tridimensionale a cui aggiungere un parametro temporale. Un modo per visualizzare e studiare oggetti che vivono nello spazio a quattro dimensioni è quindi quello di immaginarli come dei film, cioè sequenze di fotogrammi, di oggetti che vivono nello spazio a tre dimensioni.

È lo stesso principio della risonanza magnetica? Sul tuo sito ho trovato questo link divertente in cui bisogna indovinare quale oggetto dà quelle immagini con la risonanza magnetica.

Sì, la risonanza magnetica permette di guardare un oggetto tridimensionale fetta per fetta, dove ogni fetta è bidimensionale. Il filmato consiste nel guardare una fetta dopo l'altra come se ognuna fosse un fotogramma. Nel link i frutti sono descritti proprio in questo modo.
Però si possono anche guardare oggetti quadridimensionali affettandoli in fette tridimensionali.
Oppure, nel caso dei nodi bidimensionali, si affettano oggetti a due dimensioni (che però vivono nello spazio a quattro dimensioni): ogni fetta è un oggetto di dimensione uno che vive nello spazio a tre dimensioni.

Ritornando ai tubi...

I nodi bidimensionali si possono quindi vedere come filmati di oggetti di dimensione uno che si muovono nello spazio tridimensionale.
O come anelli volanti: i tubi colorati, chiusi ad anello, mi servono per mostrare questi movimenti di oggetti di dimensione uno. Ad esempio un anello può semplicemente spostarsi nello spazio, ma può anche fare cose più interessanti, come passare attraverso un altro anello... Ecco un breve filmato.

Sicuramente non sono del tutto obiettiva se ti dico che questo è affascinante! Infatti sono venuta a Toronto proprio per lavorare sulla visualizzazione di questi oggetti. Chi vuole saperne di più sulle quattro dimensioni e mastica un po' di inglese può guardare la registrazione di una tua lezione per studenti delle superiori.
Ma torniamo a noi. Puoi dirci a quali problemi aperti si tenta di dare risposta riguardo ai nodi bidimensionali?

Beh, potrei mentire e dire che il problema principale in teoria dei nodi è quello di capire se due nodi sono “uguali” o “diversi”.
Questo è uno dei problemi classici in topologia. L'esempio più famoso è quello della tazzina di caffè e della ciambella: per un topologo sono la stessa cosa, hanno la stessa forma, perché si può deformare una nell'altra senza mai tagliarla. Online si possono trovare delle animazioni che mostrano questa deformazione.
Anche per i nodi bidimensionali si pone lo stesso problema: come fare a stabilire se due nodi sono “uguali” o “diversi”? Potrei mentire e dire che è questo quello che studio...

Invece, qual è la verità?

Ti dirò prima un'altra bugia. La seconda bugia è che i matematici che studiano teoria dei numeri sono interessati ai numeri. Vai da uno di loro e chiedigli se è interessato al numero 327: si metterà a ridere!
Chi fa teoria dei numeri non è veramente interessato ai numeri, a ogni singolo numero. I numeri sono solo una scusa! Quello che succede, ed è forse inaspettato, è che lo studio dei numeri porta a studiare tante teorie matematiche interessanti e interconnesse. Queste teorie sono ciò che viene studiato. I numeri sono la motivazione di sottofondo, non l'oggetto dello studio.
Lo stesso vale per me: i nodi sono la motivazione che mi porta a studiare tanti argomenti interessanti nei campi dell'algebra, della teoria quantistica dei campi e in altre parti della matematica.

Questi oggetti che vivono nello spazio quadridimensionale sembrano un po' effimeri e astratti. Ma molti problemi sui nodi unidimensionali sono molto intuitivi e concreti. È questo aspetto che ti ha spinto a studiare la teoria dei nodi?

No, di solito non si sceglie veramente su cosa si lavora, ci si arriva...
Ho iniziato il dottorato studiando teoria quantistica dei campi, un settore della fisica matematica, che ha applicazioni alla teoria dei nodi. Alcune domande sui nodi sono sorte in modo naturale nel corso del mio studio. Poi ho trovato delle risposte che non avevano niente a che fare con la fisica matematica. È così che sono arrivato ai nodi.
Sono sicuro che molti matematici ti racconterebbero un'esperienza simile: una domanda porta a un'altra che porta a una risposta che porta a un altro problema... non si controlla veramente dove si va.

Pensi quindi di continuare a studiare i nodi o credi che la tua ricerca ti porterà in qualche altro campo?

Al momento ho talmente tante domande in testa riguardo ai nodi da poter lavorare fino alla pensione, e molto oltre. Ho anche investito molto in questo campo, studiando e facendo ricerca. È più facile cambiare settore quando si sa poco di tutto. Io adesso sono un esperto di nodi e cambiare vorrebbe dire ricominciare da zero in un altro campo. Quindi probabilmente continuerò a studiare i nodi. Ma, chissà? Magari poi non sarà così!

C'è un tuo risultato di cui sei orgoglioso? Uno che ti piace più degli altri?

Sarò un po' oscuro: l'aver capito che c'è un collegamento tra invarianti di tipo finito dei nodi e algebre di Lie. Era qualcosa di inaspettato: per quanto ne so, sono stato il primo ad accorgersene. Ma non sono più intelligente di altri, ho solo avuto fortuna!

Un professore di matematica poco intelligente?!?

Per avere un risultato importante ci vuole fortuna: bisogna essere nel posto giusto al momento giusto. Bisogna arrivare quando in un settore ci sono ancora problemi aperti ma ci sono le premesse per poterne risolvere qualcuno. E avere la fortuna di lavorare su un problema che ha una soluzione innovativa, arrivandoci prima di altri.

E perché questo risultato ti piace più di altri?

In parte perché era inaspettato e in parte perché è semplice. So che non tutti saranno d'accordo, ma per me le cose semplici sono quelle fondamentali. Le cose semplici e prevedibili sono di solito già note da tempo. Quindi è difficile trovare qualche risultato semplice e nuovo.

Che cosa significa semplice? Qualcosa che può essere capito da chi?

In realtà per capire quel risultato è necessario aver studiato un bel po' di matematica: diciamo almeno essere laureati in matematica e star studiando per conseguire il dottorato. Perciò non chiedermi di provare a spiegarlo qui.

Quindi non proprio semplicissimo…

Però ti posso dire perché è un risultato inaspettato! È una relazione tra parti della matematica che hanno stili diversi: i nodi appartengono alla topologia, mentre le algebre di Lie, come dice il nome, all'algebra.
In topologia gli oggetti sono molto flessibili, malleabili e deformabili. In algebra sono molto rigidi, direi con contorni netti, come se fossero stati tagliati con un coltello affilato. In algebra una cosa è vera oppure è falsa, non si può deformare.
Nella recensione di un libro su questi argomenti ho fatto un'analogia di cui sono orgoglioso perché mi sembra molto evocativa: i nodi sono come i lombrichi, flessibili e irregolari, e le algebre sono come i cristalli, rigide e con tante simmetrie. Alcuni biologi studiano i lombrichi, altri studiano i cristalli, ma è difficile trovare uno scienziato che li studi entrambi. È difficile che entrambi siano presenti in una frase con un contenuto scientifico.
Trovare questa relazione inaspettata tra mondi così diversi è stata una soddisfazione enorme.

Per esporre i tuoi risultati e partecipare a conferenze viaggi molto spesso, forse più di tanti tuoi colleghi. Ti piace viaggiare così tanto?

In parte è divertente, si vedono nuovi posti e si interrompe la routine. In parte è impegnativo: non mi piace essere chiuso in un aereo per molte ore o avere il jet-lag, ma passo parecchi giorni ogni anno in queste situazioni. Comunque le sopporto perché mi piace viaggiare.

E qual è la parte più piacevole del tuo lavoro?

Credo che sia tenere lezioni e conferenze... quando vanno bene: qualche volta succede un disastro perché, ad esempio, non capisco le aspettative degli ascoltatori, o per altri motivi. Allora perdo il contatto con il pubblico, è chiaro che non mi ascoltano o non mi capiscono.
Qualche volta invece riesco a tenere vivo l'interesse in modo particolarmente efficace: gli ascoltatori seguono il mio discorso e apprezzano quello che dico. Questo mi dà grandi soddisfazioni.

Per avere buoni risultati investi molto tempo nel preparare i tuoi interventi. Hai uno stile molto personale: molti usano la lavagna o proiettano delle slides. Tu invece distribuisci a tutti gli ascoltatori un foglio stampato a colori e pieno di disegni con la traccia del tuo intervento. È anche quello che proietti, zoomando di volta in volta su quello di cui stai parlando grazie a un codice javascript scritto da te. Perché curi così tanto la preparazione dei tuoi interventi?

Preparare il foglio che riassume il mio intervento, con disegni, diagrammi e testo è il mio modo di pensare a quello che voglio dire e a come voglio dirlo. È vero che investo molto tempo nella preparazione degli interventi. Mi chiedi perché? Semplicemente perché sono contento quando una conferenza mi viene bene, riesco a comunicare i miei risultati e il pubblico è interessato. Quindi mi impegno perché ciò succeda.

I fogli che distribuisci sono pieni di immagini, diagrammi, analogie, cose che sembrano non aver nulla a che fare con l'argomento di cui stai parlando. Per esempio ho visto il Piccolo Principe, Stonehenge, il Monopoli, un personaggio dei videogiochi... come mai hai scelto questo stile?

Lo faccio perché è quello che mi piacerebbe sentire dagli altri relatori. Io non sono un buon ascoltatore, spesso per me è difficile rimanere sveglio e attento, soprattutto se sono in una conferenza in un Paese lontano e ho il jet-lag. E ancora di più quando gli interventi che ascolto sono asciutti e formali e pongono l'attenzione solo sulle formule. Mi capita spesso di pensare che vorrei che il relatore ci mettesse più brio e più personalità. Così, quando preparo i miei interventi, mi sento in dovere di metterci dentro un po' di vita. Non so se sia efficace, ma almeno ci provo.

Com'è stata la tua esperienza di studente? I tuoi insegnanti ti hanno trasmesso un po' di questa vitalità nella matematica?

Come ho detto prima, sono un pessimo ascoltatore. Lo sono sempre stato, anche a scuola. Durante le lezioni imparavo veramente poco, così studiavo dopo le lezioni. Spesso mi riducevo a studiare nei due giorni precedenti all'esame...

Usi molto la tecnologia, non solo nelle conferenze, ma anche nel tuo ufficio. Sicuramente dimentico qualcosa, ma vedo almeno due computer, tre monitor, una web-cam, un proiettore... riusciresti a lavorare senza la tecnologia? È solo qualcosa di utile o anche una fonte di distrazione?

Mi piace “smanettare” con i computer. Credo di essere abbastanza bravo nell'usare il computer, non certo a livello di chi lavora nella Silicon Valley, ma meglio di quasi tutti i matematici. Tutti tendiamo a fare quello che ci viene meglio.
Forse qualche volta la distrazione è quello che cerco... Ma di solito uso bene la tecnologia, la uso per scrivere articoli migliori, per fare conferenze più interessanti, spero anche per rendere lo studio più piacevole e più produttivo ai miei studenti.

Oltre a questi usi del computer, scrivi anche programmi per fare calcoli riguardo a quello che scopri con ragionamenti teorici. Non tutti i matematici lo fanno o lo apprezzano.

Cerco solo di sfruttare al meglio le mie capacità. E anche di contrastare i miei difetti: in un ragionamento completamente teorico tendo a fare molti errori. Per questo mi convinco della correttezza dei miei ragionamenti solo quando posso fare dei calcoli per confermare i risultati.
Prima mi hai chiesto qual è la parte del lavoro che mi dà più soddisfazione. Una seconda cosa che mi piace molto è quando i risultati calcolati al computer confermano le mie teorie. Per esempio, se le mie complicate teorie prevedono che due quantità A e B devono essere uguali, e queste quantità vengono da due approcci diversi e si possono calcolare in due modi completamente diversi, scrivo un programma che calcola A e un programma che calcola B. Magari ci vogliono settimane o mesi per farlo: nella programmazione è facile fare errori e bisogna continuare a correggerli. Poi a un certo punto i due programmi sono scritti correttamente, uno calcola A, l'altro calcola B e trovano lo stesso valore... questa è una soddisfazione enorme. Rende la teoria molto più credibile.

Hai anche un enorme archivio online del tuo lavoro. Contiene non solo i tuoi articoli, le registrazioni dei tuoi interventi alle conferenze, ma anche files e materiale su cui stai lavorando attualmente, le foto delle lavagne scritte da te e dai tuoi collaboratori, ecc. Ci sono altre persone che lo usano?

Lo sai tu meglio di me se altre persone lo usano...

Sì, ho guardato qualcuno dei tuoi interventi alle conferenze, senza dover essere fisicamente lì. Qualche volta riguardo anche le lavagne che riempiamo, per ricordare che cosa abbiamo detto o quale era il problema da risolvere. Ma perché mantieni questo archivio? E come lo usi?

Anche qui direi che sfrutto le mie capacità. So come mettere online il materiale in modo efficiente e lo faccio regolarmente. Non ho paura che altri possano rubare i miei pensieri, quindi non ho nessun problema a metterli online prima che siano maturi.
Avere questo archivio pubblico a volte è utile: posso indirizzare i miei studenti verso qualche idea lasciata a metà e loro la possono trovare, leggere e sviluppare.
Penso però che il maggior utilizzatore della mia pagina sia… io stesso. È vero che gran parte dell'archivio consiste in cose lasciate a metà, ma mi sforzo di organizzare i contenuti in modo efficiente per poterli ritrovare facilmente anche anni dopo. Averli online e poter accedere in tempo reale è molto più comodo che sfogliare una pila di appunti accatastati in un angolo dell'ufficio!

Grazie della disponibilità, Dror! È stato interessante anche per me che ti conoscevo già.

Grazie a voi dell'attenzione, sono contento che abbiate scelto di intervistare me, nonostante tutti i matematici italiani che avreste potuto scegliere!

Se i nodi vi hanno incuriosito e volete saperne di più potete cominciare da  questo articolo e poi magari leggere il libro di Sossinsky, Nodi. Genesi di una storia matematica, Bollati Boringhieri, che arriva molto vicino alla ricerca contemporanea.

Per quanto riguarda i nodi di dimensione due... spero di potervi presentare un bel film tra un paio d'anni!

Ester Dalvit, 11 gennaio 2015