LOGICA E PARADOSSI III
I paradossi svolgono da sempre un ruolo importante nella logica e nella matematica: spesso è stato proprio il fatto di inciampare in un paradosso a indurre svolte di grande entità, che hanno costretto matematici e logici a ripensare radicalmente il loro approccio a determinate tematiche. Per di più la “circolarità viziosa” dei paradossi fa sì che essi presentino spesso – per così dire – una qualità letteraria.
Due ottimi motivi, indubbiamente, perché qui si dedichi loro un po’ di spazio!
Consideriamo, innanzitutto, l’antico e celeberrimo “paradosso del mentitore” attribuito a Eubulide di Mileto. Epimenide il cretese dice: “Io mento”. Mente o dice la verità? Se dice la verità, vuol dire che mente e quindi non dice la verità; se mente, vuol dire che dice la verità e quindi non mente.
Che bel garbuglio, che bel groviglio, che bello “gnommero” (espressivo e onomatopeico vocabolo romanesco che sta per “gomitolo”, usato da Gadda nel suo “Pasticciaccio…” per definire un nodo intricato).
Un altro esempio: il già citato (nella seconda puntata di LOGICA E PARADOSSI) scrittore comico Achille Campanile è un inarrivabile maestro in un genere di umorismo che oggi diremmo demenziale, uno specialista nello spingere alle estreme conseguenze una frase apparentemente innocua, un detto memorabile, un costume pacificamente affermato. Ecco dunque, un’infinità di giochi di parole, di equivoci, di fraintendimenti, nonché di situazioni paradossali, conseguenti all’applicazione rigorosa e coerente di una logica che si rivela perversa.
Limitiamoci a un paio di esempi:
- Lord Brummel arriva a nascondersi sotto i tavoli alle feste per passare inosservato che più inosservato non si può, fedele al suo motto che “elegante è colui che non si fa notare” (principio a cui volle attenersi fino al momento della morte: “Per disposizione testamentaria, Lord Brummel, dando ancora un’ultima prova di buon gusto, aveva voluto che il funerale passasse inosservato. La cosa incuriosì talmente che tutta Londra era lì a vedere come riusciva bene a passare inosservato”);
- Il testo del telegramma che deve annunciare la dipartita del povero Piero e l’opportunità di giungere tempestivamente per i suoi funerali, inizialmente concepito in termini: “Venite perché Piero è morto”, subisce, per non risultare troppo brusco e traumatizzante, una serie di progressive trasformazioni (in sequenza: “Piero gravissimo, venite subito”, “Piero non bene, venite subito”, “Piero non benissimo, venite subito”, “Leggera indisposizione di Piero richiede vostra immediata partenza”, “Filippo gravissimo, venite subito”, “Voi gravissimi, Piero viene subito”, “Vinto lotteria, venite subito per incassare”, “Piero ottimamente, non muovetevi” e se vogliono capire capiranno…).
Ebbene, Campanile elabora, in uno dei suoi libri più noti, quella che non è altro che un’estenuata e estenuante virtuosistica variante del paradosso del mentitore.
Malgrado il parere del medico, mi presentai al manicomio e chiesi di essere messo in osservazione.
“Che sintomi avete?” mi domandò il direttore.
“Ecco, io mi considero pazzo.”
“Non basta. Bisogna assodare se lo siete davvero.”
“Perché? Nel caso che io fossi pazzo, lei mi considererebbe pazzo?”
“Evidentemente”.”
“E sbaglierebbe. Se io fossi realmente pazzo, non sarei pazzo a considerarmi pazzo. Mentre, se non lo fossi, è chiaro che lo sarei per il fatto di ritenermi tale”.
“Ma in che consisterebbe allora la vostra pazzia?”
“Nel credermi pazzo senza esserlo”.
“Ma allora non sareste pazzo, se non lo siete”.
“Lo sarei in quanto, senza esserlo, mi ritengo tale. Se mi ritenessi pazzo essendolo realmente, questo mio credermi pazzo non sarebbe pazzia; mentre lo è se non lo sono.”
Achille Campanile – “Gli asparagi e l’immortalità dell’anima”
Giuliano Spirito