L'avanzata delle IA

 
L'avanzata delle IA

 

Al netto delle riserve, o degli annunci sensazionalistici, pare che le intelligenze cosiddette artificiali comincino a meritarsi davvero il loro appellativo. La vicenda DeepMind, a suo modo, lo dimostra.

DeepMind nasce come una piccola azienda, l'ennesima fra una lunga lista di start-up dall'idea facile e il progresso incerto. Creata nel 2011, la compagnia ha il valore aggiunto di vantare tra i propri fondatori Demis Hassabis, neuroscienziato computazionale, appassionato designer di videogiochi ed ex-bambino prodigio. Costruito anche con la collaborazione dei soci Shane Legg e Mustafa Suleyman, il progetto inizia velocemente ad attrarre capitali e investitori. Ma è solo con la firma del 2014 che nasce ufficialmente Google DeepMind e, mentre il colosso globale si congratula con se stesso per aver superato le offerte di concorrenti quali Facebook, presto iniziano a piovere anche riconoscimenti e premi, come speranze concretizzatesi e rafforzate dall'acquisizione.

 

A conferma della fiducia riposta, viene presto alla luce un algoritmo in grado di affascinare le platee, stupire i colleghi e rimbalzare la notizia ovunque. Come punto di partenza per un sistema di intelligenza artificiale, in realtà, fa persino qualcosa più che stupire. Difatti, non paghi di svariati decenni di letteratura e film di genere dove l'IA di turno si anima per eliminare i miseri mortali di carne ed encefalo, i risultati di DeepMind si manifestano proprio attraverso quel composito intrattenimento moderno che chiamiamo videogioco. La realtà finisce per ricalcare, almeno in superficie, la fantasia. È un fecondo cortocircuito tra materia e immaginario.

 

L'algoritmo, dal canto suo, si limita a fare il suo dovere. Alle prese con una montagna di videogiochi - ben 49 -, fra titoli storici per la vecchia piattaforma Atari 2600 quali Pong e Space Invaders, ha dimostrato di poter ottenere in breve tempo risultati superiori, sconosciuti a qualsiasi altro algoritmo programmato per simili occasioni, nonché, in 29 diversi giochi, alla maggior parte dei tester umani partecipanti, superati del 75% o più. DeepMind si dimostra in grado d'imparare nuove strategie piuttosto velocemente.

 

I motivi del successo sono variegati, benché sia probabile che alcuni possano restare per ora sconosciuti in virtù del progresso in corso e delle direttive commerciali della compagnia, di altri conosciamo qualche interessante virtù. L'algoritmo implementa tre diverse, essenziali, caratteristiche, ricavate dagli studi neurobiologici moderni: l'apprendimento con rinforzo (variante Q-learning), loop sulla memoria selettiva e le reti neurali a strati di convoluzione.

 

Brevemente: se con il rinforzo la rete neurale può ottimizzare i risultati successivi, non troppo diversamente dal cane premiato a forza di coccole e biscotti per la giusta azione, è con il meccanismo degli strati di convoluzione che il tutto trova ulteriori, interessanti, applicazioni. Basandosi sul modello dei circuiti cerebrali esposto da Wiesel e Hubel (vincitori di un premio Nobel nel 1981), viene postulata l'esistenza di unità in grado di calcolare una somma ponderata dei segnali in ingresso, e di produrre un segnale in uscita qualora la grandezza risponda alle giuste condizioni. Con questo meccanismo, oggi, non solo abbiamo spiegato il funzionamento della corteccia cerebrale in relazione alla vista, ma, applicando l'intuizione alle reti neurali, siamo riusciti a sfruttarne le qualità per migliorare le nostre più moderne tecnologie (si pensi, tra le molte applicazioni, al riconoscimento delle immagini, o alla traduzione del parlato nel testo scritto). In ultimo, con il loop della memoria selettiva, si va a costituire una sorta di "memoria", la caricatura di quanto pensiamo avvenga nell'ippocampo, utile per aggiornare le proprie mosse in funzione delle esperienze precedenti.

 

DeepMind, in ogni caso, non è perfetto e, quantomeno a breve termine, non conta di rubare il trono alla specie umana. Ciò nondimeno, pur mancando di consapevolezza, resta un'entità "intelligente", in grado di adattarsi, svolgere compiti specifici e, chissà!, imparare più di quanto noialtri ci possiamo augurare.

 

Rimangono, nel fondo della mente, il dubbio e l'inquietudine; la domanda: nella giungla della consapevolezza, tra i significati attribuibili all'intelligenza o alla coscienza, dove si collocano i limiti della vita?

Un quesito probabilmente fuori luogo per qualcheduno che non fa altro che dedicarsi ai videogiochi. Oppure no?

 

Daniele Ferriero

02/09/2015