Flatterlandia

da XlaTangente n. 16

 

 

 

Ian Stewart

 

Flatterlandia

 

Nino Aragno Editore, Milano 2008

pp. 431, euro 18.00

 

 

 

Matematico all’Università di Warwick, Ian Stewart è autore di testi di divulgazione matematica e di romanzi di fantascienza, disponibili in traduzione anche sul mercato italiano. Flatterland, pubblicato in inglese nel 2001, appartiene in prima analisi più al secondo genere che al primo e vuol essere, già dal titolo, una continuazione del famoso Flatland (1884) di Edwin A. Abbott, in cui un quadrato flatlandese, che di nome ovviamente faceva A. Square, ebbe l’opportunità di viaggiare in Spaceland (il nostro spazio a tre dimensioni), accompagnato da una sfera, non senza una capatina a Pointland e Lineland. Accusato di eresia, A. Square fu rinchiuso in carcere dove scrisse le sue memorie. Flatland, appunto. Ambientato un secolo più tardi, Flatterland racconta similmente un viaggio della nipote di A. Square, “la” segmento Vikki (ma è poi davvero un segmento? La risposta è nel finale di Flatterland...). Una volta ritrovate le memorie del suo antenato, Vikki decripta un messaggio in codice riuscendo così a mettersi in contatto con uno Space Hopper (spazionauta) che la guiderà verso nuovi mondi matematici.

Un secolo tra A. Square e la nipote Vikki, un secolo tra Abbott e Stewart. Il linguaggio non è più quello vittoriano, e Flatterland deve fare i conti con il femminismo, l’evoluzionismo e, perché no?, anche le Spice Girls, pardon, le Space Girls. Il romanzo è intriso di giochi di parole come questo, che sono il più delle volte resi bene dal traduttore, Filippo Demonte-Barbera. A noi lettori sarebbe forse piaciuto di più se avesse commentato tutti i giochi di parole con note a pié di pagina nel testo invece di limitarsi a qualche esempio nell’introduzione (più un’autobiografia del traduttore che un’introduzione al libro, a dire il vero).
Avanzando nella lettura di Flatterland si ha l’impressione che qualche conto non torni come dovrebbe. Il romanzo si presenta senza dubbio come continuazione di Flatland, ma dopo un po’ i ricordi che affiorano alla memoria non sono quelli delle pagine di Abbott.
Vikki incontra il gatto di Schrödinger*, una versione malinconica (come dargli torto?) dell’affabulante gatto del Cheshire meglio noto come Stregatto; e nel mondo della topologia una superficie a due buchi (una teiera) è assediata da folli ed improbabili personaggi: un pastopo inseguito da una cavalla severina e da un capannaio pazzo che altri non sono se non la versione topologica del ghiro, della lepre marzolina e del cappellaio matto (il gioco di parole è: Doughmouse-Dormouse, Harsh Mare-March Hare, Mud Hutter-Mad Hatter)**. No, non è Abbott, ma Lewis Carroll con la sua Alice, ennesima girovaga in un altro paese delle meraviglie.
Stewart non si limita a giocare sporco con una pluralità di richiami letterari. Ulteriori perplessità nascono dal numero di mondi visitati da Vikki. Se la prima parte del romanzo è un coerente seguito novecentesco di Flatland (con la visita agli spazi a N dimensioni, ai frattali, alla topologia, agli spazi proiettivi e alle geometrie non euclidee), la seconda parte si dedica alla fisica teorica (meccanica quantistica e relatività) rompendo quell’unità di contenuto che caratterizzava il romanzo di Abbott, o anche Alice nel paese dei quanti di Robert Gilmore. Dato che ogni teoria fisica, oltre che con la matematica, prima o poi deve fare i conti con il mondo reale (qualunque esso sia...), gli ultimi capitoli, tra tunnel spaziotemporali e stringhe, sembrano trattare più di fantascienza alla Star Trek che non di scienza. Il lettore è autorizzato a sentirsi un po’ spaesato, come lo è del resto la protagonista.
La quantità e la difficoltà delle teorie matematiche e fisiche affrontate da Stewart impongono a volte tagli un po’ bruschi nelle spiegazioni. Il lettore di XlaTangente troverà comunque in ogni capitolo numerosi esempi pratici e spunti di riflessione. Brusco anche il finale. Si ha l’impressione di un libro incompiuto, e non solo perché la matematica e la fisica sono aperte a futuri sviluppi.

Qualunque lettore di Flatterland, ad esempio, avrebbe letto con piacere la lettera inviata da Vikki ai suoi genitori, ma dobbiamo restare con questa curiosità insoddisfatta. Anche se con alcune pecche, Flatterland è un romanzo che merita di essere letto come un’onesta opera di divulgazione delle matematiche novecentesche. Una tirata d’orecchie finale, (e qui smetto di brontolare!), va alla casa editrice: una maggior cura nella revisione del testo non avrebbe guastato. Inoltre la copertina (nera) e il formato (scomodo) sono quanto di meno possa attirare chi curiosa tra gli scaffali di una libreria nella sezione scienze. Non fatevi però scoraggiare da queste minuzie, e godetevi il vostro viaggio di fantasia nei regni della matematica insieme a Vikki e allo Spaziounauta.

Leonardo Gariboldi

*Il gatto di Schrödinger è il protagonista del famoso paradosso proposto nel 1935 da Erwin Schrödinger (1887-1961), uno dei fondatori della meccanica quantistica.Leonardo Gariboldi ne ha parlato su XlaTangente n. 14 p. 40 e Luca Usai gli ha dedicato, nello stesso numero, la sua vignetta.

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