Che cosa c’entra la matematica con la bicicletta?

 
 
Che cosa c'entra la matematica con la bicicletta?

 

 

Andrea Bacciotti è professore ordinario di Analisi Matematica presso la Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Torino. I suoi interessi di ricerca includono equazioni differenziali ordinarie, inclusioni differenziali, teoria matematica del controllo, applicazioni dell'Analisi Nonsmooth. In questi campi, ha pubblicato piu' di 40 lavori su riviste a carattere nazionale e internazionale.

 

Abituati, come ormai siamo, a maneggiare telefonini, computer, navigatori satellitari, lettori di CD, DVD, MP3 e chissà quante altre diavolerie elettroniche, una bicicletta ci può apparire un oggetto tecnologicamente molto rudimentale e antiquato. Eppure sono passati solo poco più di 100 anni da quando le biciclette sono comparse sulla faccia della terra. Verso il 1880 venivano ancora prodotti e commercializzati velocipedi come quelli che oggi si vedono solo nei film d’epoca e nei musei, privi di catena e con la ruota anteriore molto più grande di quella posteriore. Questi veicoli erano piuttosto pericolosi: il sellino su cui il ciclista doveva istallarsi era infatti posizionato in alto e spostato in avanti. Una banale caduta poteva dunque avere serie conseguenze. Nel giro di pochi anni i costruttori avevano già risolto il problema: la bicicletta era diventata più sicura grazie ad alcuni accorgimenti strutturali che, da allora, sono rimasti sostanzialmente immutati.
 

Fig.1 Biciclo da corsa, 1874
Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia "Leonardo da Vinci” di Milano

 

Soprattutto, la bicicletta, in corsa, era diventata molto più stabile. Con questo termine si intende la capacità di un dispositivo a mantenere una certa configurazione anche sotto l’effetto di piccole perturbazioni. Per esempio, la stessa bicicletta, da ferma, in posizione verticale è instabile: basta infatti una minima deviazione della posizione del baricentro rispetto alla verticale per farla cadere. Perché invece, è così facile mantenere l’equilibrio quando la bicicletta viaggia ad una velocità sufficientemente alta, al punto che quasi tutti sono capaci di andare senza mani? Per dare una risposta a questa domanda, verso la fine dell’ottocento venne addirittura istituito un premio accademico. Da allora, sono molti gli studiosi (ingegneri, fisici, matematici) che si sono interessati al problema ma, nonostante ciò, una soluzione completa e del tutto soddisfacente non è forse ancora stata data.

 

 

Il responsabile principale della stabilità di una bicicletta in corsa sembra essere la forza centrifuga e cioè quella che ciascuno di noi sperimenta quando, trovandosi in piedi su un autobus, l’autista effettua una svolta brusca, diciamo, verso sinistra: se non ci si regge, si viene proiettati contro la parete destra dell’autobus. 

 

 

 

Fig.2: Canguro 1880

Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia "Leonardo da Vinci” di Milano

 

 

Supponiamo che il ciclista si accorga che la bicicletta, durante il moto, cominci a perdere l’equilibrio inclinandosi, per esempio, verso sinistra; il ciclista correrà ai ripari ruotando il manubrio verso sinistra. Appena inizia la curva, si produce una forza centrifuga che spinge il baricentro della bicicletta verso destra, facendola riavvicinare alla posizione d’equilibrio. Può sembrare sorprendente, ma la bicicletta è perfettamente in grado di compiere questa manovra da sola, anche senza l’intervento del ciclista. Quando la bicicletta si inclina da un lato, entrano infatti in gioco delle forze di varia natura che tendono a farla svoltare dalla stessa parte verso la quale si sta inclinando. La più nota di tali forze è riconducibile all’effetto giroscopico. In realtà, l’effetto giroscopico è sensibile nelle motociclette, che hanno ruote pesanti e raggiungono velocità elevate ma, come è stato dimostrato anche sperimentalmente, di scarsa entità nel caso delle biciclette. La forza più importante che contribuisce alla stabilità della bicicletta è probabilmente dovuta alla struttura dell’avantreno, e in particolare all’inclinazione dell’asse dello sterzo e all’avancorsa (così si chiama la distanza, misurata al suolo, tra il centro della ruota anteriore e il punto che si ottiene immaginando di prolungare fino al suolo l’asse dello sterzo).

 

 

 

 

Fig.3: Bi-cicletto a cadre, 1885.

Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia "Leonardo da Vinci” di Milano

 

 

L’esistenza di tale forza può essere osservata anche a bicicletta ferma: se si inclina la bicicletta lentamente da una parte, ci si accorge che la ruota anteriore ad un certo momento girerà da sola attorno al proprio asse, piegandosi verso la stessa parte. La manovra di stabilizzazione della bicicletta in corsa viene completata grazie all’attrito del pneumatico anteriore che, strisciando sul terreno, genera una forza contraria che fa riallineare la ruota col telaio.

Per comprendere e analizzare questi fenomeni sia dal punto di vista qualitativo che dal punto di vista quantitativo, è necessaria, oltre ad una approfondita conoscenza fisica del problema, l’elaborazione di appropriati modelli matematici. Cerchiamo di capire di cosa si tratta.

 

Immaginiamo un corpo pesante, soggetto all’azione della forza di gravità. Se non viene ostacolato, il corpo si muove descrivendo una traiettoria: la posizione P che occupa nello spazio cambia, ed è dunque interpretabile come una funzione del tempo, P = P(t). Le leggi fondamentali della meccanica permettono di scrivere delle relazioni tra P(t) e altre funzioni che rappresentano la velocità e l’accelerazione del corpo. Si dà il caso che queste altre funzioni corrispondano, rispettivamente, alle derivate prima e seconda di P (t). Per questa ragione, le relazioni scritte, nelle quali P(t) viene riguardata come incognita, si dicono equazioni differenziali.

Per fare un esempio molto semplice consideriamo un pendolo costituito da un’asta giacente in un piano verticale: un estremo dell’asta è fissato e fa da perno, mentre nell’altro è concentrata una massa.

Quando l’asta assume la posizione verticale col perno in alto e la massa in basso, dando un piccolo colpetto osserveremo delle oscillazioni persistenti di piccola ampiezza: in tale posizione, il pendolo ha un equilibrio stabile. L’equazione del moto prende la forma

P’’ + kP = 0

dove P rappresenta adesso l’angolo che l’asta forma ad ogni istante con la verticale, P’’ indica l’accelerazione (cioè la derivata seconda di P ) e k è una costante positiva che dipende dalla lunghezza dell’asta e dall’intensità del campo gravitazionale. Una bicicletta ferma mantenuta in posizione verticale può essere pensata, con una certa semplificazione, come un pendolo inverso, cioè posizionato in modo che l’estremo con la massa si trovi in alto e il perno in basso. In questo caso l’equazione diventa

P’’ - kP = 0.

 

Fig.4: Prototipo di triciclo di Giovanni Ropolo

 

Il cambiamento di segno provoca un mutamento radicale dal punto di vista della stabilità: adesso infatti basta una minima perturbazione per compromettere irrimediabilmente l’equilibrio della bicicletta.

Quando la bicicletta è in corsa, per descrivere la dinamica del moto occorre introdurre nuove variabili, e le equazioni differenziali diventano più complicate. È tuttavia possibile dimostrare che se la velocità è abbastanza elevata, l’equilibrio viene mantenuto in maniera stabile. Lo studio di queste equazioni fornisce inoltre informazioni che possono essere utili, in fase di progetto, per migliorare le prestazioni e le caratteristiche tecniche del veicolo.

Oggi, sia in ambito accademico che industriale, vi è un certo interesse verso la sperimentazione di veicoli a tre ruote (tricicli). Uno dei problemi principali è che avendo tre punti di appoggio al suolo, un triciclo, al contrario della bicicletta, è stabile da fermo, ma in curva non può inclinarsi e quindi non può contrastare l’effetto della forza centrifuga. Affrontando una curva a velocità troppo elevata si possono correre seri rischi... Per consentire a un triciclo di inclinarsi in curva è necessario ricorrere ad accorgimenti tecnologici piuttosto sofisticati e avanzati. Anche in questo caso, la modellizzazione matematica può essere di grande aiuto.

 

 

 Andrea Bacciotti