Atterrare su una cometa non è più fantascienza

 

Ricordate Armageddon (di Michael Bay, 1998)? Nel film, una squadra di eccentrici "operai" è chiamata a compiere un intervento epico. Capitanati dal muscoloso Bruce Willis nel ruolo di un esperto trivellatore petrolifero, partono a bordo di una navicella per un’improbabile missione: approdare su una cometa che viaggia pericolosamente in direzione della Terra, collocarvi un ordigno nucleare e quindi farlo esplodere per salvare il Pianeta dalla distruzione altrimenti certa.

Il film, nonostante sia mediocre e ricco di strafalcioni scientifici, ha avuto un gran successo. Solca, infatti, un plot di sicura attrazione: il rischio di disastro globale prodotto dalla cometa, una minaccia aliena incontrollabile.

La storia del cinema occidentale ci dice, del resto, che lo spazio in tutte le sue declinazioni, e in primis l’esplorazione di mondi nuovi e l’eventuale vita extraterrestre, occupa spesso i primi posti della classifica dei temi preferiti dal pubblico. Lo dimostrano anche i recenti risultati di Gravity (di Alfonso Cuaron, 2013, con George Clooney e Sandra Bullock) e Interstellar (di Christopher Nolan, 2014, con Matthew McConaughey e Anne Hathaway).

Lo spazio presta al cinema storie di successo perché evoca i pensieri e le questioni più profonde. Da dove veniamo? Siamo soli nell’universo? Che fine faremo?

Ai tempi di Armageddon, l’approdo su una cometa era pura fantascienza. Ma oggi la fantascienza di allora è realtà. Il soggetto in questione non è una squadra di operai (questo sì che resta fantascienza!), ma il lander Philae, che lo scorso 12 novembre è atterrato con successo sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, dopo un lunghissimo viaggio a bordo della sonda Rosetta, con cui ha compiuto 800 milioni di chilometri in 10 anni.

L’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha scelto di promuovere l’evento con Ambition, un breve film di quasi 7 minuti, che attragga la pubblica attenzione sul senso della missione; ne ha affidato la realizzazione al regista polacco Tomek Baginski, che nel curriculum vanta anche una nomination all’Oscar per il miglior corto d’animazione 2003.

In un desertico paesaggio del lontano futuro, dominato da toni lunari, un maestro e la sua giovane allieva si interrogano sull’origine della vita sulla Terra mentre fanno lievitare lune e asteroidi a partire da frammenti di rocce e materiali. "Per lungo tempo le origini dell’acqua e della vita sul nostro pianeta sono rimaste un assoluto mistero" - dice il maestro - "Per questo abbiamo iniziato a cercare le risposte oltre la Terra." E prosegue "Nel tempo, ci siamo rivolti alle comete …".

L’obiettivo è quello di mettere in luce il valore scientifico della missione Rosetta, che potrebbe offrire risposte cruciali per la comprensione dell’origine della vita sulla Terra, e l’eccezionale impresa tecnologica, perché mai prima si era tentata un’operazione tanto ambiziosa da apparire impossibile solo al pensiero.

Il film, che ha ricevuto commenti positivi da più parti, ha toni altisonanti nei suggestivi effetti visivi e nella sceneggiatura. A me non è piaciuto - ma è opinione del tutto personale - e ho trovato forzata la metafora che accosta la determinazione nel perseguire la missione Rosetta con la determinazione che il maestro incoraggia nell’allieva impegnata a plasmare pianeti e comete, forse perché mi risulta già chiaro il rilievo di Rosetta.

Per dirla con le parole di uno dei membri del team del film: "Sono molto sorpreso. L’umanità manda una sonda verso una cometa per atterrarci sopra e c’è bisogno di un grande regista, un film e degli attori per convincere la gente che questo è interessante!"

A chi ha chiesto a Mark McCaughrean (Senior Science Advisor in ESA) "Perché solo 7 minuti?", la risposta è stata: "Perché la vera protagonista è Rosetta".

Che è davvero un’impresa epica!

Antonella Testa