La teoria del tutto

 

Cambridge, 1963. Un 21enne Stephen Hawking è studente all’università e deve scegliere l’argomento della sua tesi di dottorato, una scelta che indirizzerà l’attività scientifica di tutta una vita. Il suo professore, il celebre astrofisico Dennis Sciama, ha compreso di aver di fronte un giovane di straordinarie doti scientifiche e capacità intuitive; lo porta nelle storiche sale dove nel 1897 J. J. Thomson aveva scoperto l’elettrone e lo incoraggia: "Una delle grandi ricompense di questo lavoro [la ricerca scientifica, ndr] è che uno non sa mai da dove arriverà il prossimo grande passo e da chi".

Nel frattempo Stephen incontra Jane. Lei è una giovane studentessa di lettere, appassionata di poesia medievale e spagnola. Lui è un eccentrico fisico che vuole indagare l’origine e la struttura dell’universo, del tempo e dello spazio. Lei in un modo, lui in un altro vorrebbero poter viaggiare nel tempo alla ricerca di alte risposte. Nonostante la tragica diagnosi che di lì a poco prospetterà solo due anni di vita a Stephen, Jane sarà la sua prima e affezionata moglie e madre dei suoi tre figli. Insieme condivideranno la grave malattia degenerativa che porterà Hawking all’atrofia delle funzioni muscolari, compromettendo progressivamente il movimento, la parola, la nutrizione, …

Così inizia La teoria del tutto, il film biografico dedicato a Stephen Hawking, uno dei più importanti cosmologi della storia, tutt’ora attivo.

Il film è uscito nel 2014 per la regia di James Marsh, è arrivato nelle sale italiane a inizio 2015 e ora è anche distribuito in DVD. Un grande successo in sala a cui è corrisposto un grande successo di critica, che lo ha premiato più volte, anche con due Golden Globe e un Oscar (Migliore Attore a Eddie Redmayne).

Tratto dalle memorie di Jane Hawking Verso l’infinito (Ed. Piemme, 2015) il film è incentrato sul rapporto tra Stephen e Jane e sulla gestione quotidiana della malattia. È una storia che non risparmia allo spettatore i momenti di sconforto ma che fa spiccare la grande determinazione di entrambi nel muovere contro un destino che sembra senza chance, ma che invece riserva loro una vita ben più che degna di essere vissuta.

Il film funziona perché si basa su una storia, vera, che ha tutti gli elementi di successo: due caratteri vivaci e diversi, un destino segnato ma in un certo senso sconfitto, una mente fuori del comune e una parabola scientifica che consacra Hawking tra i grandi. A dispetto di un corpo progressivamente impedito nelle sue funzioni più basilari, Hawking ha potuto librare le sue capacità intellettive in un terreno arduo e appassionante, che si colloca alle più alte frontiere della ricerca, esplorando l’origine dell’universo e cercando una teoria descrittiva unica per tutte le interazioni che lo governano. Una meta ambiziosa e ancora lontana per i fisici. "La teoria del tutto", che dà anche il titolo al film e che, sebbene incomprensibile ai più, ha un indiscutibile fascino.

Molto della popolarità di Hawking si deve alla sua capacità di affrontare con invidiabile coraggio e ironia una malattia che non offre scampo, al punto di consolidare l’idea che la sua forza di volontà gli abbia permesso di andare ben oltre i 2 anni che la medicina gli aveva prospettato (oggi ha 73 anni!). Si è detto spesso che è affetto da SLA (sindrome laterale amiotrofica) perché all’epoca della diagnosi le conoscenze in materia erano ancora embrionali. In realtà oggi sappiamo che, sebbene Hawking abbia senz’altro un’eccezionale longevità, la patologia di cui è affetto è una variante clinica (malattia del motoneurone) che ha un decorso ben più lungo della SLA.

Sul piano scientifico si può obiettare che il film attribuisce a Hawking idee che invece erano sul piatto di un grande dibattito in corso da mezzo secolo: "Si arriva a una singolarità… l’universo è nato da un buco nero", dice Hawking rielaborando il pensiero del matematico Penrose, di cui aveva seguito una conferenza.

E, ancora, che liquidi in modo semplicistico la radiazione di Hawking, ovvero l’idea in base alla quale in prossimità dell’orizzonte degli eventi di un buco nero sia possibile che della materia sfugga, portando nel tempo alla "evaporazione" del buco nero stesso, e che consolidi l’idea di un inizio e una fine, in contraddizione con la concezione di buco nero come qualcosa che cattura tutto e da cui nulla può uscire.

Il film, di conseguenza, non spiega la scienza di Hawking e in particolare come la radiazione di Hawking rappresenti una tappa cruciale di quella tensione verso una teoria unificatrice che possa spiegare con eleganza e semplicità le cose. Ma non era nei suoi obiettivi e, a mio parere, la sola suggestione di queste idee - questa sì ben trasmessa - è un buon risultato.

Nel complesso dunque un bel film, che ha nella magistrale interpretazione di Eddie Redmayne l’apice della sua qualità.

Antonella Testa