The Martian - di Ridley Scott (2015)
È appena uscito nelle sale l’atteso film di Ridley Scott Sopravvissuto - The Martian.
L’astronauta Mark Watney resta solo su Marte: i suoi colleghi lo credono morto, quando sono costretti ad abbandonare il pianeta con il veicolo spaziale Ares 3, dopo essere stati travolti da un’apocalittica tempesta di sabbia.
Ma Mark è sopravvissuto e la somma di forza di volontà, arguzia e pazienza, insieme a un po’ di sano umorismo, saranno determinanti per tenerlo in vita e per tenere in vita anche la speranza di rientrare sano e salvo sulla Terra. In un susseguirsi di rocambolesche vicissitudini che fanno salire e scendere la tensione per oltre 2 ore di pellicola, la determinazione di Mark avrà la meglio.
Oltre alle indubbie qualità cinematografiche, The Martian è un film che piace anche alla comunità scientifica. Già Andy Weir, l’autore del romanzo da cui il libro è tratto (in Italia con il titolo L’uomo di Marte, 2014) aveva setacciato la rete e la letteratura per dare plausibilità alle soluzioni adottate nel suo libro. Ma Ridley Scott ha proprio bussato alla porta della NASA per ricevere supporto qualificato e l’ha ottenuto da James Green, direttore della Divisione Scienze Planetarie (e ne parla anche la prestigiosa rivista Science).
Quello che piace è che, tutto sommato, il film disegna uno scenario convincente e non troppo lontano dalla realtà. Perché la fantascienza è avvincente ma quando si tinge di verosimiglianza lo è ancor di più. Da qualche tempo anche il grande pubblico sente parlare di un possibile approdo su Marte intorno al 2030. Per dirla con i toni di molti commenti autorevoli, il film risuona anche come campagna pubblicitaria a sostegno delle missioni umane verso il pianeta rosso e dei benefici che ne potrebbero derivare.
Certo, i detrattori hanno subito evidenziato varie inesattezze scientifiche nel film, a partire dalla tempesta di sabbia, di intensità incompatibile con la sottile e rarefatta atmosfera marziana. Ma la possibilità di costruire una base su Marte è senz’altro più probabile dell’inverosimile, per quanto suggestivo, viaggio attraverso un tunnel spazio-temporale di Interstellar, Contact e altri celebri film di fantascienza.
Sono passati oltre 40 anni da quando i primi veicoli (i sovietici Mars 2 e Mars 3) hanno raggiunto Marte; tra le varie missioni molti ricordano le emozionanti immagini del 1997 del robot Sojourner, lanciato con il Mars Pathfinder per esplorare il suolo marziano. Pochi anni fa sono arrivati i primi solidi indizi della presenza di acqua sul pianeta, prima con il Phoenix Mars Lander, poi con Curiosity. Curioso a dirsi, proprio alla vigilia dell’uscita del film la NASA ha annunciato che i dati del satellite Mars Reconnaissance Orbiter indicano chiaramente che nel corso della stagione “calda” marziana alcune zone della superficie del pianeta sono solcate da canali in cui scorre acqua salata. E, come sappiamo, l’esistenza di acqua è una condizione necessaria per la vita, o per lo meno per la vita come noi la conosciamo.
Sembra di tornare alla seconda metà dell’800 quando osservare Marte era quasi come poter osservare la Terra da lontano. Perché Marte, visto dalla Terra, risulta molto simile al nostro pianeta. Per quanto abbia un diametro molto più piccolo, ha un giorno di durata molto simile al nostro, ha una superficie con due calotte polari “ghiacciate” (che oggi sappiamo essere ricche di anidride carbonica solida), montagne, “mari”, estese aree “desertiche” e altro ancora. Allora, l’osservazione di una fitta rete di “canali” dalla dinamica curiosamente regolare, da parte dell’astronomo italiano Giovanni V. Schiaparelli, aveva alimentato la suggestiva ipotesi che potesse trattarsi dell’opera di una sedicente popolazione marziana che aveva ingegnato il sistema per portare l’acqua dalle calotte polari verso le aree più depresse durante la stagione calda. Sappiamo che non è così, ma l’idea ha nutrito a lungo la fantascienza scritta e filmata.
Se Mark Watney avesse ricevuto i dati del Mars Reconnaissance Orbiter per tempo, avrebbe senz’altro faticato molto meno per produrre la preziosa acqua necessaria a coltivare le patate per la sua sopravvivenza.
Antonella Testa