Per la scienza, per la patria

da XlaTangente n. 32

 

 

 

 

 

 

Fabio Toscano

 

Per la scienza, per la patria

 

Sironi editore, Milano 2011

        pp. 300, euro 18.00

 

 

 

 

 

L’elenco degli uomini di scienza che hanno prestato la loro opera come ministri nel governo dell’Italia post-unitaria è piuttosto breve. Questo libro ha portato l’attenzione su uno di loro, il fisico Carlo Matteucci (1811-1868) che, dopo aver partecipato alla Prima guerra di indipendenza con il battaglione universitario degli studenti pisani ed essere stato nominato, nel marzo 1861, fra i primi senatori del nuovo Regno, diventa nel 1862 Ministro della Pubblica Istruzione nel governo di Urbano Rattazzi. È il terzo responsabile di questo dicastero nell’Italia unita, viene dopo Francesco De Sanctis e Pasquale Stanislao Mancini, un letterato e un giurista che avranno gran peso nella costruzione del nuovo Stato, ed è lui stesso un fisico di rango (nel 1844 la Royal Society gli ha assegnato la Copley Medal per i suoi studi sull’elettricità animale).

Negli otto mesi del suo governo della scuola, alcuni interventi sono davvero importanti.

In un Paese che ha una media di analfabeti del 78%, si fa promotore della costruzione di nuove scuole elementari là dove soprattutto mancano: 50 in Molise, 125 in Abruzzo e più di 500 in Puglia.

In un Paese in cui la scuola soffre di una grave impreparazione del personale docente, pur non riuscendo ad ottenere la diffusione sul territorio nazionale di nuove Scuole Normali per la formazione degli insegnanti, riesce a riorganizzare la Scuola Normale di Pisa e a farne un luogo dove preparazione didattica e produzione culturale – senza aggettivi che ne delimitino l’ambito – crescono rapidamente.

In un Paese in cui si avverte la necessità di una più diffusa competenza scientifica della classe dirigente, firma nel 1862 i decreti che porteranno alla nascita del Politecnico di Milano e affida la direzione di questo nuovo istituto a Francesco Brioschi, che in quegli anni è Segretario generale del suo ministero.

Ma il racconto di questi aspetti, pur interessanti, dell’attività di Matteucci occupa solo una parte di questo libro. Altrettanta attenzione l’autore dedica infatti ai contributi scientifici del professore pisano che sosteneva di essere un fisico solamente “prestato” alla politica.

Quello che ne esce è un testo di non facile lettura - si pagano troppi pegni alla scarsa scorrevolezza della scrittura - ma è un testo che può dare ai suoi lettori qualche nuovo elemento sulle diverse maniere con cui gli scienziati italiani hanno interpretato il binomio “impegno nella ricerca – impegno nella società civile”.

Simonetta Di Sieno